Pur non essendo più Presidente, l’effetto Trump permane ancora oggi. Dal vertice della magistratura federale statunitense, nominato durante il suo mandato, arriva uno schiaffo alle donne americane:

Ribaltata la storica sentenza Roe vs. Wade (1973), annullato il diritto federale all’interruzione di gravidanza.

Starà quindi ai singoli stati la decisione di consentire, vietare o limitare la pratica.

Fino a questo storico passo indietro, le cittadine statunitensi hanno avuto accesso all’interruzione di gravidanza indipendentemente dall’orientamento politico dominante nello Stato di residenza. Un diritto che non sarà più garantito e che rischia di essere compromesso in diverse zone degli USA, considerando che 28 Stati su 50 hanno un governatore repubblicano, e quindi una tendenza all’antiabortismo.

Si prevede la revoca del diritto all’aborto in 13 stati federali già nell’arco del prossimo mese. Uno, il Missouri, non ha perso tempo e ha già proclamato il divieto di aborto.

Le donne che, per qualsiasi motivo, dovessero avere bisogno di interrompere la gravidanza, entro i primi mesi di gestazione, in uno Stato dove questa è illegale, saranno costrette a farlo in maniera clandestina, quindi in condizioni igienico sanitarie precarie e senza un adeguato supporto medico. Oppure, se ne avranno la disponibilità economica, a mettersi in viaggio per ricorrere alla pratica in uno Stato dove è legale, percorrendo anche centinaia di chilometri per arrivarci.

In centinaia si sono radunate nei pressi della Corte Suprema per protestare al grido di “sono una donna non un ventre” contro una sentenza che non farà altro che aggravare le disuguaglianze sociali.

Saranno le donne economicamente svantaggiate, infatti, ad essere più colpite da questa decisione, perché non potranno spostarsi. Di contro, la compagine “pro life” ha festeggiato, inneggiando alla volontà divina.

La decisione della Corte Suprema, anacronistica rispetto ai tempi, potrebbe essere anche dovuta alla sua composizione. Dei nove membri che ne fanno parte, solo tre sono donne, e nonostante questo una di loro si è espressa favorevolmente al capovolgimento della sentenza. Tra tutti e nove i giudici, sei sono conservatori e di questi tre ultracattolici e convintamente antiabortisti.

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