Presente nel DPCM del 17 dicembre 2020, ed entrato in vigore in data 20 luglio 2021, cos’è il “Reddito di Libertà” per donne vittima di violenza?
Si tratta di uno strumento volto ad incentivare l’indipendenza di quelle donne che hanno subìto violenza. Per ricevere il contributo, che può arrivare ad un massimo di 400 euro mensili pro capite, le donne che intendono fare richiesta dovranno essere seguite da dei centri antiviolenza riconosciuti dalla regione e dai servizi sociali.
Il fondo stanziato dallo Stato è pari a tre milioni di euro, ma ogni regione e provincia autonoma può aggiungere dei fondi propri. Questo reddito ha una durata di 12 mesi ed è cumulabile con il reddito di cittadinanza. Ad erogarlo sarà l’INPS e tra i moduli richiesti bisognerà presentare un’autocertificazione, la dichiarazione firmata dal rappresentante legale del Centro antiviolenza che segue la persona che fa la richiesta e la dichiarazione del servizio sociale di riferimento. Quest’ultimo deve attestare lo stato di bisogno straordinario o urgente.
Il Reddito di Libertà ha come obiettivo quello di aiutare coloro che si sono rivelate essere più vulnerabili, e certamente non per una scelta personale, nei periodi di maggiore difficoltà (come la situazione pandemica attuale): le donne. Potrà permettere a queste ultime, vittime di violenza, di acquisire una prima indipendenza economica che possa aiutarle a lasciare la casa in cui vivono, a poter cercare un lavoro e divenire indipendenti economicamente, o anche solo ad aiutarle nelle spese quotidiane.
Nel 2020, dei 444mila occupati in meno registrati in Italia, il 70% è costituito da donne. Le disuguaglianze sociali, grazie alle varie chiusure imposte dallo stato di emergenza, non hanno fanno altro che aumentare, rendendo le donne lavoratrici “sacrificabili”: molte hanno lasciato il posto di lavoro per seguire i propri figli e la famiglia o semplicemente perché licenziate a causa dei danni finanziari provocati dal covid sui datori di lavoro.
Se la situazione di partenza, specie in Italia, non era già delle migliori, la pandemia non ha fatto altro che incrementare le differenze tra i generi, ampliando il gender pay gap e rendendo quel soffitto di cristallo ancora più spesso. Inoltre, la vita vissuta obbligatoriamente all’interno delle sole mura domestiche ha aumentato i tassi di violenza sulle donne: secondo i dati ISTAT, nel 2020 le chiamate al 1522 (il numero di pubblica utilità contro la violenza e lo stalking) sono aumentate del 79,5% rispetto al 2019, sia per telefono, sia via chat (+71%). Rispetto agli anni precedenti, sono aumentate le richieste di aiuto delle giovanissime fino a 24 anni di età (11,8% nel 2020 contro il 9,8% nel 2019) e delle donne con più di 55 anni (23,2% nel 2020; 18,9% nel 2019). Riguardo agli autori, aumentano le violenze da parte dei familiari (18,5% nel 2020 contro il 12,6% nel 2019) mentre sono stabili le violenze dai partner attuali (57,1% nel 2020).