Tutto è iniziato con la puntata del programma RAI “Report” andata in onda il giorno prima della ricorrenza dei trent’anni della strage di Capaci.

Nella puntata venivano ricostruiti quelli che sarebbero stati i rapporti intercorsi tra la mafia e l’estrema destra e in particolare con Stefano Delle Chiaie, fondatore di Avanguardia Nazionale e scomparso nel 2019, che secondo quanto emerso dalla puntata di “Report” avrebbe effettuato dei sopralluoghi sul luogo della strage di Capaci.

La Procura di Caltanisetta ha però smentito quanto emerso nel corso della puntata e ha ordinato alla DIA, la direzione investigativa antimafia, di perquisire la sede della redazione e i giornalisti.

Gli investigatori hanno quindi cercato tracce di eventuali fughe di documenti riservati nei telefonini e nei computer dei cronisti, che a loro volta hanno fatto sapere di essere in possesso di documenti, verbali “scomparsi”, contenuti di informative della polizia e dichiarazioni di pentiti e testimoni.

Uno è Lo Cicero, ex guardaspalle del pentito palermitano Tullio Troia, soprannominato “O Mussolini” per le sue simpatie politiche. L’altra è la compagna di Lo Cicero, Maria Romeo, ed è proprio lei a dichiarare che Delle Chiaie si trovava a Capaci nel giorno dell’attentato a Falcone.

L’ex terrorista nero, quindi, sarebbe stato l’aggancio fra Stato e mafia. Paolo Borsellino avrebbe quindi forse intuito la cosa e cominciato ad indagare approfonditamente sui collegamenti tra la mafia di Totò Riina ed attori esterni a Cosa Nostra come i movimenti eversivi dell’estrema destra.

La Procura nissena ha però smentito che sia mai stato menzionato il nome di Delle Chiaie e vuole accertare la genuinità delle fonti. Le reazioni si sono fatte però sentire: il presidente della commissione antimafia Morra ha parlato apertamente di censura, mentre l’associazione stampa romana denuncia come il blitz della DIA violi il segreto professionale.