Salita al trono il 6 febbraio 1952, Elisabetta II è stata la regnante che ha assistito alla fine dell’impero britannico e alla nascita della “Gran Bretagna etno-culturale”. Il regno di Elisabetta è stato costellato da luci e ombre.

L’ordigno atomico di sua maestà

Uno degli ultimi colpi di coda del leone britannico avvenne il 3 ottobre 1952 quando venne fatto detonare il primo ordigno atomico di sua maestà. Fu come una rivincita nei confronti dell’alleato americano, che ormai era diventato il socio di maggioranza di quell’intesa anglofona. Londra infatti si era ritrovata senza nulla in mano di quanto promessogli da Washington dopo la fine del progetto Manhattan.

La fine dell’impero

L’impero, dunque, che aveva dominato in modi diversi il 25% della superficie terrestre fino ad un secolo fa si stava sgretolando in modo inarrestabile. Alla sua salita al trono, Elisabetta trovò il Commonwealth impegnato in Malesia nella repressione dei comunisti filocinesi. L’India era già indipendente mentre i possedimenti africani erano in ebollizione. Presagi di un futuro non più prospero.

Proprio nell’anno della sua incoronazione scoppiò in Kenia la rivolta dei mau-mau, alla quale si rispose con massacri, campi di concentramento e torture. Soluzioni tanto sanguinose quanto futili visto il successivo abbandono del paese da parte della corona.

Cipro e poi Yemen, metodi simili per un risultato identico. Stesso destino toccato alla Rhodesia, dove la minoranza bianca cercò in ogni modo di preservare il british way of life nonostante il volta faccia della madrepatria.

La crisi di Suez

La spina al morente impero di sua maestà venne però staccata durante la crisi di Suez del 1956. Con il doppio no di USA e URSS, Londra e Parigi vennero ricondotte finalmente alla realtà: al mondo c’erano due sole superpotenze, e non erano più loro. La fine degli imperi coloniali era arrivata.

I metodi applicati negli ormai ex territori della Corona non andarono però persi. Vennero replicati a partire dal 1956 nell’Irlanda del Nord quando ebbe inizio la prima grande rivolta dell’IRA. Gli anni sessanta furono poi caratterizzati dai “troubles”, i tumulti, che si conclusero dopo più di un trentennio e che lasciarono sul campo oltre settemila morti da entrambi i lati con attentati, internamenti e torture.

Gli anni settanta videro poi l’ascesa della Tatcher e l’inizio dell’ intaccamento di quel welfare state, vanto della Gran Bretagna post bellica. Il pericolo del comunismo sembrava essere passato in sordina e il liberismo poteva iniziare a riprendersi ciò che aveva dovuto cedere davanti al pericolo rosso: beni pubblici privatizzati e scioperi schiacciati con spietatezza dalla Tatcher.

La Gran Bretagna degli anni ’90

Dopo i liberisti toccò ai laburisti e al globalismo. Una Gran Bretagna che già da decenni importava immigrati dalle sue ex colonie, negli anni ‘90 divenne un’ avanguardia della società multirazziale. Per ammissione poi dei membri stessi del governo Blair, si scoprì che gli immigrati vennero letteralmente invitati ad andare in Gran Bretagna con lo scopo di assestare il colpo finale al British way of Life, ultimo zoccolo duro dei tory.

Questa, a grandi linee, la storia dei settant’anni di regno di Elisabetta II, protagonista di questi eventi e sul cui ruolo sicuramente bisognerà scavare a fondo in futuro: fu solamente una rappresentante simbolica del regno e di ciò che avveniva o ebbe invece un ruolo più attivo, agendo sotto l’ombrello della Moral Suasion sui suoi primi ministri?

Come si dice in questi casi, sulle luci e ombre del Regno di Elisabetta sta ai posteri l’ardua sentenza.