A quanti anni si va in pensione in Italia? Tale problema è regolamentato dalla legge Fornero del 2012, che prevede una valutazione periodica (biennale, ma triennale fino al 2019) dell’incremento della speranza di vita a cui ricollegare l’età di accesso alla pensione, ai fini di un contenimento delle spese pensionistiche e renderle sostenibili nel lungo termine. Per rendere i bilanci sostenibili, interviene anche la Legge di Stabilità del 2017, con cui eventuali adeguamenti in negativo siano conguagliati con successivi aumenti dell’età pensionistica.

L’aumento previsto quindi dalla Legge Fornero 2012 prevede un aumento dell’età pensionistica di tre mesi ogni due anni. Attualmente i requisiti per accedere alla pensione sono due: l’età e i contributi. La pensione di vecchiaia ordinaria richiede il compimento dei 67 anni di età con 20 anni di contributi. Vi è la possibilità di accedere anche ad altri tipi di assistenza pensionistica, tra cui la pensione di vecchiaia contributiva (71 anni di età con 5 di contributi), la pensione anticipata contributiva (64 anni di età con 20 di contributi), a cui si applica il medesimo aumento dell’età pensionistica.

Alla luce di questi requisiti, la domanda che si pongono tutti è: “Quando andremo noi in pensione?”. Con un aumento costante dell’età pensionabile, entro il biennio 2049-2050 il requisito di vecchiaia giungerà a circa 70 anni. Qui sotto viene riportata la tabella per il conseguimento della pensione di vecchiaia, tenendo in considerazione solo il requisito dell’età.

Secondo le stime dell’INPS, inoltre, viene fatto un raffronto tra le tabelle delle vecchie pensioni e di quelle nuove, tenendo in considerazione gli anni di contributi di un classe 1980 e secondo i parametri introdotti dalla legge Fornero.

Considerando una differenza negativa molto evidente sull’importo netto e considerando anche l’impatto dell’inflazione nel tempo, questo sistema diventa quasi insostenibile. Sembra quindi una domanda lecita chiedersi cosa ne sarà del futuro dei giovani del Paese e gettare quindi uno sguardo in avanti. Se il cammino sembra ancora lungo per coloro che sono nati negli anni ’80,
sembra infinito invece per i nati tra il 1996 e il 2015 (classificati sotto il nome di I-Generation, o di generazione delle reti), sempre ammesso che i primi di questa generazione abbiano già a versare dei contributi.