I diritti delle donne subiscono l’ennesima batosta: in Texas è appena entrata in vigore una nuova legge che va a restringere, se non quasi ad eliminare, le possibilità di poter abortire.
Legge proposta dal governatore repubblicano Greg Abbot, la Heartbeat Bill, ovvero la legge del battito cardiaco, consiste nell’impossibilità di poter abortire non appena viene rilevato il battito cardiaco del feto. In sostanza, sarà possibile solo entro la sesta settimana della gravidanza.
L’unica eccezione è la presenza di emergenze mediche certificate. Nemmeno in caso di stupri e incesto. Politici e avvocati dell’opposizione, ma anche gli stessi medici affermano che alla sesta settimana di gravidanza la maggior parte delle donne non è in grado di poter affermare con certezza la presenza o meno della stessa in quanto è un lasso di tempo troppo restrittivo date le innumerevoli variabili che possono caratterizzare il corpo di una donna.
Inoltre, secondo i medici interpellati nella discussione sull’aborto, questo lasso di tempo “concesso” non sarebbe sufficiente a far sviluppare un vero e proprio organo: il feto pulsa ma non si può parlare di un vero e proprio muscolo cardiaco. Con questa legge il diritto all’aborto verrà tolto ad almeno l’85% delle donne a fronte del “diritto alla vita” che il governatore e i suoi seguaci sono convinti di sostenere avendo approvato questa legge. “Il nostro creatore ci ha donato il diritto alla vita e milioni di bambini perdono il loro ogni anno per l’interruzione di gravidanza” afferma il governatore Abbot.
Questa legge è stata approvata lo scorso maggio 2021 ma è entrata ufficialmente in vigore il 1° settembre 2021. Non è sicuramente il primo Stato americano ad aver inserito tra le proprie leggi una che ne limitasse le possibilità abortive, ma è il primo Stato ad aver reso quasi nulle queste possibilità!
C’è un’altra particolarità che caratterizza questa legge: essa consente a qualunque privato cittadino di fare causa a tutti coloro che “aiutino o favoriscano” un aborto illegale (quindi un parente, un medico, un conoscente), ottenendo sino a 10 mila dollari di danni in corte civile. Gli effetti di questa legge saranno sicuramente l’esodo delle donne in altri Stati per poter continuare ad esercitare un proprio diritto (penalizzate resteranno coloro che non avranno i mezzi economici per farlo), la “corsa alla ricompensa” dei cittadini (un po’ come una “caccia alla spia” durante le guerre mondiali) e il rischio penale non solo per i medici ma anche per gli operatori sanitari e gli impiegati delle cliniche perché potenzialmente anche per un tassista che accompagna una paziente in ospedale per abortire è complice di reato.
Anche il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden si è espresso in merito a questa legge affermando che “questa legge estrema del Texas viola apertamente il diritto costituzionale stabilito dalla sentenza della corte suprema Roe vs. Wade e confermata come precedente per quasi mezzo secolo”, promettendo che la sua amministrazione “proteggerà e difenderà quel diritto”. La sentenza a cui il Presidente fa riferimento è quella storica del 22 gennaio 1973, che enuncia due principi:
- L’aborto è possibile per qualsiasi ragione la donna lo voglia fino al punto in cui il feto diventa in grado di sopravvivere al di fuori dell’utero materno, anche con l’ausilio di un supporto artificiale. Questa condizione si verifica in media intorno ai sette mesi (28 settimane), ma può presentarsi prima, anche alla 24a settimana;
- In caso di pericolo per la salute della donna, l’aborto è legale anche qualora la soglia oltre il quale il feto è in grado di sopravvivere al di fuori dell’utero materno sia stata sorpassata.
Nonostante ciò, la Corte Suprema non ha sospeso la legge del Texas: con quattro giudici contrari su nove, non si pronuncia sulla costituzionalità della legge, appena entrata in vigore, ma invoca “questioni di procedura complesse e nuove”.