Nel corso dell’ultimo mese è stato difficile non aver sentito parlare del famigerato aggiornamento dei termini e condizioni dell’app di messaggistica Whatsapp, una delle più utilizzate al mondo. Precisamente, dal 12 gennaio 2021 e nei giorni seguenti, ogni utente ha ricevuto con il passare del tempo un avviso dalla propria app, il quale informava riguardo un prossimo aggiornamento che sarebbe divenuto effettivo a partire dall’8 febbraio. La prima reazione è stata quella di un esodo di massa verso altre app di messaggistica come Telegram. Il motivo? La protezione dei dati personali.

Negli ultimi anni la protezione dei dati personali ha assunto sempre più rilevanza, a partire dalla proposta nel 2016 di un nuovo regolamento ad hoc, a livello europeo, in materia dei dati personali, entrato successivamente in vigore nel 2018: il Regolamento 679/2016, anche chiamato GDPR (Regolamento Generale per la Protezione dei Dati). Tale regolamento, rigido e comprendente di tutte le varie sfumature di protezione della privacy e dei dati personali costituirà la principale difesa da parte dei paesi dell’Unione Europea nei confronti di Whatsapp.

La notifica arrivata agli utenti prevedeva modifiche unilaterali dei rapporti tra aziende, compresi quelli che includevano Whatsapp stesso, nella modalità denominata Whatsapp Business. Tuttavia, la notifica è stata visualizzata da tutti gli utenti, indistintamente dall’utilizzo (o meno) della modalità Business. Ciò che più ha sorpreso è stato, oltre alla poca chiarezza in merito alle modalità dell’aggiornamento, l’obbligo di accettarlo per poter continuare ad utilizzare l’app in seguito all’8 febbraio. Il Garante della Privacy si è espresso a riguardo, dichiarando: “dai termini di servizio e dalla nuova informativa non sia possibile, per gli utenti, evincere quali siano le modifiche introdotte, né comprendere chiaramente quali trattamenti di dati saranno in concreto effettuati dal servizio di messaggistica dopo l’8 febbraio. Tale informativa non appare pertanto idonea a consentire agli utenti di Whatsapp la manifestazione di una volontà libera e consapevole”. Successivamente Whatsapp ha annunciato il rinvio della data di scadenza al 15 maggio.

Ma qual è il vero problema legato all’aggiornamento? 

Attualmente il proprietario di Whatsapp risulta essere Mark Zuckerberg, CEO di Facebook, il quale, nel corso degli anni, ha aumentato i collegamenti tra i due, permettendo al secondo di acquisire sempre più informazioni attraverso il primo, alcune delle quali rientrano nei cosiddetti “dati sensibili”, come i numeri di telefono delle persone con cui interagiamo. Il sopracitato aggiornamento consentirebbe un’intrusione maggiore da parte di Facebook, mettendo a rischio l’incolumità dei nostri dati. Tuttavia, le posizioni prese da parte dell’Unione Europea, che da sempre si è schierata contro l’attività poco definita di Zuckerberg, sembrano costituire uno scudo in grado da respingere le minacce verso i nostri dati, anche se non sappiamo per quanto tempo potrà durare. 

Tale evento dovrebbe spingerci a riflettere sull’importanza che assumono i nostri dati in quanto costituiscono il nostro corpo virtuale: ognuno di noi è talmente abituato a condividere parti della propria realtà quotidiana da non rendersi conto del significato delle proprie azioni in termini di rischio. Inoltre, dobbiamo ricordare come i nostri dati siano diventati una moneta di scambio, in grado di generare profitti per chi sa esprimerne una valutazione monetaria. Ognuno di noi produce una serie infinita di dati anche attraverso una semplice ricerca sul web, il che permette di essere tracciati, andando ad indebolire quel confine che vi è tra la libertà e la sicurezza online.